Povera polenta
Ciao, questa newsletter ha subito delle modifiche e probabilmente ne subirà altre in futuro perché è uno strumento che uso per molteplici scopi, primo su tutti creare una memoria di informazioni che raccolgo nelle mie letture!
Oggi parleremo di polenta, una preparazione tipica della cucina povera del dopoguerra che ricorda le montagne, il cadere delle foglie e lo stare vicino al camino quando fuori c’è la nebbia. Lo spirito di Pasto Libero è quello di poter fornire delle ricette non bilanciate, destinate appunto al pasto libero, perché mangiare non significa solo fornire energie per il nostro organismo ma è un atto culturale che dà gioia, costruisce relazioni e molto altro.
La famiglia di Pierino, abitante nella Val Padana, è molto povera e a casa tutti i giorni si mangia polenta; proprio tutti i giorni. La maestra ogni tanto chiede agli alunni : “Cosa avete mangiato ieri di bello a casa?” e Pierino risponde sempre: “Polenta, signora maestra!” Un giorno Pierino, stufo di essere giudicato povero dai suoi compagni di classe, decide di inventarsi un’altra risposta. Un paio di giorni dopo la maestra chiede: “Cosa avete mangiato ieri a casa?” e Pierino risponde: “I ravioli”. La maestre: “Oh che bello! E quanti ne hai mangiati, Pierino?” “Tre belle fette, signora maestra.”
Questa barzelletta non mi ha mai fatto ridere, non l’ho mai capita quando ero bambino, ho iniziato a comprenderla crescendo. Era un modo, per mia nonna, per descrivermi il Veneto degli anni quaranta. Nel dopoguerra le famiglie erano numerose, nel Nord-Est non c’era molto lavoro e questo portava a molte situazioni di estrema povertà. Le famiglie potevano contare sull’agricoltura e sull’allevamento animale per poter sbarcare il lunario e la polenta diventava il pasto principale per molti bambini dell’epoca.
Origini
La tradizione della polenta ci riporta a un periodo in cui la varietà nella dieta invernale era limitata. I mercati erano locali, la campagna riposava, e al Nord, durante i rigidi mesi invernali, si faceva affidamento sulle scorte. Legumi secchi e farine erano fondamentali, con la polenta di farina di mais che dominava la scena.
Quando il mais arrivò dalle Americhe, soppiantò altri cereali come farro, orzo, sorgo, miglio e grano saraceno, che venivano utilizzati dagli antichi romani per preparare il "puls". Oggi, il mais è un prodotto globale, ma il 90% è destinato all'alimentazione animale. In Italia, le produzioni di mais per consumo umano sono limitate, con tredici varietà tra cui il formenton ottofile della Garfagana, il marano nel Vicentino, l'ottofile di Antignano nell'Astigiano, il rostrato Bergamasco e il biancoperla in Veneto (quest'ultimo è anche un Presidio Slow Food).
Le ricette tradizionali per la polenta sono numerose, e c'è spazio per sperimentare con la tranquillità che un consumo occasionale non comporta più i problemi del passato. Problemi come la pellagra, una malattia causata dalla carenza di vitamine del gruppo B, in particolare la vitamina PP (Pellagra Prevent), che è presente nel mais ma non può essere assimilata direttamente dagli umani non ruminanti. Le diete invernali basate quasi esclusivamente sulla polenta portavano inevitabilmente a tali scompensi. Al contrario, i centroamericani mescolavano il mais con calce per preparare pozol, tamales o tortillas, un processo che rendeva facilmente assimilabile la vitamina PP, evitando problemi simili.
TURCO O AMERICANO?
Il mais è americano. Perché allora ancora oggi viene chiamato granturco?
Nel XVI secolo, la maggior parte dei prodotti importati dall'estero transitava attraverso l'Oriente e Venezia commerciava spesso con i porti turchi: il cereale venne chiamato così in per non confondersi con il grano tenero autoctono.
C’è bisogno della ricetta?
La polenta si ottiene cuocendo farina di granoturco in acqua salata.
Non posso fornire dosi esatte di acqua e polenta poiché la quantità di acqua assorbita può variare a seconda della farina gialla utilizzata. Per una preparazione approssimativa per sei persone, consiglio di utilizzare circa un litro e mezzo di acqua, 500 grammi di farina gialla e sale.
Usa il buon senso per valutare se aggiungere qualche cucchiaiata in più di polenta o di acqua leggermente salata bollente per ottenere una consistenza più densa.
La preparazione inizia portando a ebollizione una pentola con acqua e sale. Quando l'acqua sta per bollire, inizia a versare la polenta a pioggia, mescolando costantemente con un cucchiaio di legno per evitare la formazione di grumi. Nonostante la semplicità della preparazione, procedi con attenzione per ottenere un impasto liscio, omogeneo e vellutato.
Il grado di cottura si raggiunge quando la polenta si stacca facilmente dalle pareti della pentola durante la mescolatura, e solitamente ci vogliono circa tre quarti d'ora.
Sgamo: sostituendo la semplice acqua con un brodo avrete una polenta più saporita; il latte, invece, le conferirà una consistenza più cremosa.
Goldoni e la polenta
Di seguito il dialogo tra Rosaura e Arlecchino ne “La dama di qualità” (scena 9, atto I) del drammaturgo veneziano Carlo Goldoni (1744).
"Riempiamo una bella pentola d'acqua e la mettiamo sul fuoco. Quando l'acqua comincerà a mormorare, prenderò questa polvere bella come l'oro, chiamata farina gialla, e, poco a poco, la lascerò sciogliere nella pentola in cui, tu Arlecchino, con l'aiuto di una bacchetta sapiente [grosso cucchiaio di legno), disegnerai cerchi e linee [per evitare la formazione di grumi]. Quando la materia sarà condensata, la toglieremo dal fuoco e entrambi insieme, uno aiutato da un grosso cucchiaio, la faremo scorrere su un piatto. Spargeremo sopra, a piccoli colpetti, un abbondante pezzo di burro fresco, giallo e delicato, poi altrettanto formaggio giallo ben grattugiato [parmigiano], poi? Poi Arlecchino e Rosaura, uno da un lato, l'altro dall'altro, armati ciascuno di una forchetta, prenderemo due o tre bocconi alla volta di questa polenta così ben preparata e ne faremo un pasto da imperatori”.
L’arte della trasformazione
La polenta può essere servita in due modi differenti. Calda, dopo averla fatta cuocere finché non raggiunge la consistenza di un purè, oppure fredda, tagliata a pezzi che vengono poi fritti o grigliati. La polenta calda può essere servita come piatto principale arricchita con burro e formaggio oppure, con la sua dolcezza e delicatezza, può accompagnare un sostanzioso piatto a base di carne.
CUOCERLA INCORPORANDO...
Formaggio e burro (Italia del Nord): con i formaggi locali (fontina, montasio, asiago, toma). Non posso non menzionare la polenta concia, tipica di Oropa e del biellese fatta con burro bruciato e toma maccagno;
Carne: salsicce (Trentino, Lombardia), ciccioli di maiale (Emilia-Romagna);
Vegetali: zucca (Friuli) ; fagioli o fave (polenta infasolà o infava, Veneto); patate (Trentino) ; fagioli, patate e cavolo nero (polenta incatenata, Liguria); cicoria e altre verdure selvatiche (pizza e minestra, Molise - macafana, Trentino - frascatula, Calabria);
ACCOMPAGNARLA CON...
Carne in umido, dal manzo alla cacciagione;
Salsicce o costine di maiale;
Prodotti di mare: dal baccalà (Veneto, Piemonte) a seppie e moscardini passando per le anguille (Friuli, Veneto).
UNA VOLTA RASSODATA, TAGLIARLA IN PEZZI E...
Friggerla: mangiarla così o arricchita con prodotti locali, come lardo, salvia o funghi;
Grigliarla: servirla come contorno o come base per crostini;
Infornarla e gratinarla : a strati con formaggi, salsa di carne e/o verdure, o come piccoli gnocchi.
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Foto iniziale di Roberto Sorin su Unsplash
Seconda foto di laura adai su Unsplash
Terza foto di Max Griss su Unsplash